“Sembra un sogno, non svegliatemi”. Parola di Carlo Ancelotti dopo aver alzato la sua quinta Champions League da allenatore, la terza con il Real Madrid, la settima se ci aggiungiamo quelle vinte da calciatore.

Il punto, caro Carlo, è che nessuno dovrà svegliarti perché è solo storia. Tutto vero, nessun sogno irraggiungibile.

Già perché il Real Madrid nella notte di sabato ha portato a casa, con la vittoria per 2-0 sul Borussia Dortmund, la sua quindicesima Champions League, confermandosi il club più forte e titolato del pianeta.

Non fa quasi più nemmeno notizia visto che negli ultimi dieci anni, dunque dal 2014 a oggi, il Real ha vinto sei delle 15 Champions conquistate.

In mezzo sono riusciti a inserirsi – come fossero degli “intrusi” in una manifestazione già destinata alla sconfinata bacheca madridista – solo Liverpool, Bayern Monaco, Chelsea e Manchester City.

Per il resto è sempre stata una questione di “Casa blanca”.

E forse sarà anche per questo che Florentino Perez ha insistito tanto per tenere Carlo Ancelotti, convincendo il tecnico a rifiutare la corte spietata del Brasile che lo voleva CT in vista dei mondiali di calcio del 2026.

Ma Carlo e la ‘camiceta blanca’, ormai, sono una cosa indissolubile. E nonostante i ripetuti successi Ancelotti non è ancora sazio. “Mai accontentarsi”, ha detto dopo l’ennesima finale vinta.

Ed ecco allora che i nuovi obiettivi sono arrivare alla Champions numero 16 e abbinarla magari al Mondiale per Club che prenderà il via il prossimo anno.

A tutto questo si aggiungerà Mbappé. Già perché il talento francese, dopo gli Europei, raggiungerà Madrid per arricchire un parco giocatori da far arrossire chiunque.

Sono già cominciati i dibattiti su “dove” e “come” giocherà Mbappé nello scacchiere del Real, in un reparto che schiera già Rodrygo e il fenomeno Vinicius.

Quanti palloni ci vorranno? Le stesse considerazioni fatte ai tempi di Cristiano, Benzema, Morata, Higuain, Bale.

Chiacchiere inutili, tanto alla fine i campioni a Madrid giocano (bene) insieme e continuano a vincere senza sosta. Da quelle parti sono abituati, non a caso nei primi anni duemila furono ribattezzati i “Galacticos”.

A distanza di tempo, però, sono cambiati solo gli interpreti, ma non i risultati, con la voglia di vincere che resta sempre la stessa.